Il linguaggio dei sintomi è ciò che distingue un contenuto che funziona da uno che resta invisibile. Non è marketing patinato, non è gergo tecnico: è la lingua che le persone usano quando il telefono è sul tavolo e stanno parlando tra loro.
Immagina la scena: due persone parlano, il telefono è lì, appoggiato sul tavolo, schermo nero. Non lo stanno usando. Eppure sappiamo che, in qualche modo, capta. Lo si percepisce, lo si vede dai risultati: poche ore dopo, ecco apparire una sponsorizzata perfettamente in linea con quello di cui stavamo parlando.
Che sia suggestione o realtà tecnica, poco importa: il fatto è che viviamo in un sistema che intercetta e rimette in circolo ciò che diciamo.
E allora, se questo accade, tanto vale usarlo a nostro favore. Non per manipolare, ma per offrire qualcosa di migliore: contenuti utili, sponsorizzate che educano, messaggi che migliorano la giornata di chi li vede.
Questo è il punto in cui entra il linguaggio dei sintomi. Se impari a usare le parole che le persone pronunciano nella loro vita reale, senza filtri, puoi intercettare quel momento in cui l’algoritmo li sta “ascoltando” e fargli vedere qualcosa che li fa sentire compresi, non sfruttati.
Linguaggio fonte e linguaggio dei sintomi: la differenza che cambia tutto
Molti professionisti olistici e counselor parlano usando il linguaggio fonte, quello che nasce dai corsi, dai manuali e dalle conferenze tra colleghi. È un linguaggio corretto ma autoreferenziale, che raramente intercetta i bisogni reali del cliente.
Il linguaggio dei sintomi, invece, è quello che parte da come le persone descrivono ciò che sentono. Non “gestione dello stress”, ma “non riesco più a respirare come prima”. Non “equilibrio interiore”, ma “mi sento sempre in bilico anche quando va tutto bene”.
Scendere dagli scalini del podio
Quando propongo a un counselor di usare il linguaggio dei sintomi, spesso la reazione è di resistenza. Lo percepiscono come riduttivo, quasi un abbassamento di livello. Come se significasse scendere dagli scalini del proprio podio e rinunciare a un linguaggio più elevato.
Il punto è che scendere non significa perdere autorevolezza. Significa incontrare le persone dove sono, parlare in modo umile, farsi capire. L’autorevolezza vera non nasce dal sembrare irraggiungibili, ma dal riuscire a descrivere esattamente ciò che l’altro sta vivendo.
Perché Google e l’algoritmo premiano il linguaggio dei sintomi
Il linguaggio dei sintomi ha un vantaggio concreto anche per la SEO: aumenta la probabilità che le persone trovino il tuo contenuto mentre cercano frasi reali, non termini tecnici.
Google nel 2025 favorisce i testi che dimostrano esperienza diretta, competenza reale e connessione con l’utente. Il linguaggio dei sintomi risponde a tutti e tre i criteri:
- Mostra che sai ascoltare.
- Dimostra che conosci la vita reale, non solo la teoria.
- Crea contenuti che intercettano ricerche spontanee e conversazioni quotidiane.
Quando impari a scrivere così, non stai solo facendo marketing. Stai facendo comunicazione vera. E in un mondo saturo di messaggi, questa è la differenza tra essere trovati o restare invisibili.

