I counselor temono ChatGPT

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Tag di questo articolo: chat gpt

Ultimo aggiornamento il Maggio 29, 2025

Donna olistica con espressione contrariata guarda ChatGPT sullo schermo del laptop.

Milioni di domande. Ogni giorno. Domande pratiche, assurde, intime, disperate, meccaniche, filosofiche. Basta aprire ChatGPT e lo vedi subito: le persone chiedono tutto.
E c’è chi guarda questo fenomeno con sospetto. Soprattutto nel mondo del counseling, della relazione d’aiuto, del coaching. Come se questa intelligenza artificiale si fosse messa di mezzo tra te e chi avrebbe dovuto rivolgersi a te.

Ma il problema non è ChatGPT.

Il problema è che le persone lo usano per farsi ascoltare. Non solo per avere risposte.
Ed è questo che fa tremare chi ha costruito la propria identità professionale sull’ascolto, sulla presenza, sul contatto umano.

Le risposte non contano davvero. Conta cosa c’è dietro la domanda.

La domanda “Come posso farmi conoscere online?” detta così è una richiesta semplice. Tecnica. Ma detta da una donna che ha appena lasciato un lavoro di vent’anni, con un sito web in costruzione e una paura matta di esporsi, è un’altra cosa.

Dietro c’è un’identità in crisi. C’è il bisogno di essere vista senza sentirsi vulnerabile. C’è un conflitto che un tutorial non può risolvere.

E allora non puoi rispondere con un piano editoriale. Perché non è un piano che le manca. Le manca la voce.

ChatGPT non è un concorrente. È una cartina di tornasole.

Se sei un counselor, un coach, un operatore olistico, hai due possibilità:
O ti metti a competere con le risposte pronte.
Oppure impari a leggere le domande. Ma leggerle sul serio.

Perché le domande che le persone fanno a ChatGPT sono lo specchio dei loro bisogni non ascoltati.
E se tu impari a leggerli, hai un vantaggio enorme.

Non rispondere come ChatGPT.
Riconosci da dove nasce la domanda.

La vera paura non è la tecnologia. È il confronto.

In fondo, non è l’intelligenza artificiale che spaventa davvero.
È il sospetto che possa fare il nostro lavoro meglio di noi.
Che possa cogliere le domande, rispondere in modo brillante, dare sollievo istantaneo.
E che tutto il nostro ascolto profondo, la nostra empatia, la nostra presenza, vengano percepiti come più lenti, più sfumati, meno utili.

Ma è un confronto falso.

Perché ChatGPT non sente. Non guarda negli occhi. Non regge lo spazio del silenzio.

Risponde, sì. Ma non trasforma.
E se perdiamo la fiducia in questo, non è ChatGPT il problema.
È che abbiamo smesso di credere nel nostro valore come professionisti umani.

Il marketing olistico non si fa con le risposte. Si fa con l’ascolto delle domande.

Vuoi costruire un servizio che parli davvero alle persone? Parti da quello che chiedono.
Non dalle keyword. Non dai format. Dalle domande vere. Quelle che fanno alle due di notte. Quelle che non pubblicano sui social. Quelle che scrivono in ChatGPT senza filtro.

Ogni domanda nasconde una crepa. Una storia. Un pezzo di identità che non ha ancora trovato il coraggio di uscire.

E se il tuo contenuto, il tuo servizio, il tuo messaggio risponde a quella parte lì, non c’è IA che tenga.
Perché nessuna tecnologia può sostituire un essere umano che sa stare nel punto in cui l’altro non sa ancora dire le cose giuste.

Chi sono

In un mondo in cui il "vendere" arriva prima dell'aiutare, è diventato difficile per chi, come te, si dedica agli altri per vocazione...

Marco Munich è un consulente marketing che, attraverso un marketing etico ed estremamente personalizzato, aiuta Life Coach, Counselor e Professionisti dell’olistico a creare contenuti intuitivi, che arrivano al cuore delle persone, raggiungendole nel loro spazio.

Marco Munich - Personal Branding Olistico
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